sabato 2 febbraio 2008

che in fondo è un bene essersi svegliati e che sarà un bene rimanere svegli a lungo


dal niente apro gli occhi che sono quelli di sempre, grandi e svegli.
il sonno è andato, sono le 6,25. caccio via i tappi dalle orecchie, la mascherina è al collo, come nelle ultime notti. il mondo ovattato in cui cerco rifugio di notte non mi protegge più, è stato bello finchè è durato.
stamattina ho la sensazione delle sensazioni, quella di quando tutto ha un suono diverso, un odore sospetto, quella di quando registro i dettagli per collegarli dopo a qualcosa che starà sicuramente accadendo adesso. mi piacerebbe stupirmi di una coincidenza, penso.
preparo il caffè e penso all'ora che mi ha rimandato il telefono. 6,25.
penso alla telefonata di ieri, alla famiglia lontana. ho paura che una cattiva notizia arrivi da lì.
che poi è il motivo per cui ho dormito male: l'ansia per le cose che non posso aggiustare.
o magari ero sintonizzata su un terremoto, da qualche parte nel mondo.
questione di frequenze.
mi ricordo di una sera di tanti anni fa, quando ho guardato l'ora per sapere solo il giorno dopo che era una mala ora. mi ricordo che anche mia madre aveva guardato l'ora a quell'ora. ricordo a me stessa che ho guardato l'ora infinite volte, da allora, e non c'è più stata tragedia.
(adesso vivo vicino a un campanile che scandisce le ore e le mezz'ore. il dramma è quando suona e io sto uscendo per andare a lavoro, e invece dovrei essere già lì).
e comunque alla fine l'ho capito, cos'era: un amico che non sentivo da tempo, mattiniero anche lui. un paio di domande e giù a farci l'aggiornamento delle vite, a vedere sul bianco del monitor il fluire spontaneo delle confidenze.
adesso sta facendo colazione. leggera, dice.

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